domenica 21 agosto 2011

LA VERITA' IN TASCA _di Gianluca Freda_


un particolare ringraziamento a teresa parrella per averci mandato questa nota!

Ogni volta che Gheddafi parla, i media si fanno prendere dal panico, perché la NATO non sta ottenendo nessun risultato sul campo e perciò l'unico modo di offrire un'apparenza di successo è  quello di creare uno scenario simulato attraverso i media, in modo da convincere il Consiglio di Sicurezza e l'opinione pubblica internazionale che vale la pena di continuare questa guerra.

(Lizzie Phelan, corrispondente da Tripoli per Russia Today, 21-08-2011)


Questa notte, mentre cercavo di capire attraverso internet cosa stesse succedendo a Tripoli, ho provato ancora la terribile sensazione – che immagino sia piuttosto comune tra i blogger - di essere l’unico sopravvissuto sulla Terra ad un improvviso e apocalittico diluvio universale di menzogne. Menzogne che non si limitano a distorcere o nascondere la realtà, ma la capovolgono a testa in giù, la fabbricano dal nulla senza prove, senza conferme, senza riscontri, generandola letteralmente dall’aria sottile; e poi la smerciano per autentica ai consumatori di giornali e di televisione, i quali non possono che assorbirla senza discutere, non avendo alcuno strumento per verificarla di persona (in realtà lo strumento c’è, ma, come ho potuto sperimentare stanotte, esso è molto faticoso e doloroso da utilizzare). Ero sorpreso di essere sorpreso. E’ da quando ho aperto questo blog che vado dicendo che tutto ciò che crediamo di sapere è falso, che bisogna spegnere l’informazione mainstream, che le “notizie” che riceviamo dalla stampa e dalla TV non sono altro che disinformazione, uno scenario di cartapesta malamente pitturato dietro la commedia per allocchi che chiamiamo “democrazia”. Ma una cosa è parlare, un’altra è il momento terribile in cui si ascolta con le proprie orecchie il frastuono agghiacciante dello schiacciasassi della disinformazione che si mette in moto. Ciò che si prova – in particolare se l’esperienza avviene di notte - è un senso d’isolamento indescrivibile, come se si fosse rimasti soli al mondo e il resto dell’umanità fosse stato rapito da una nave aliena e trascinato in una dimensione inverosimile.


Avevo passato buona parte del pomeriggio a reperire su internet quache fonte d’informazione indipendente per l’articolo di ieri. Le poche notizie che avevo trovato non bastavano, ovviamente, a capire esattamente cosa stesse succedendo a Tripoli. Erano però più che sufficienti ad avere almeno un’idea di massima di cosa non poteva assolutamente succedere. Ma verso mezzanotte i media hanno iniziato a tessere ancora una volta la loro lurida tela, trasformando l’improbabile e l’inverosimile in realtà condivisa. Centinaia di fonti giornalistiche e migliaia di siti internet hanno iniziato a diffondere le stesse notizie: i ribelli avanzano verso Tripoli, i quartieri di Tajoura e Suk Jomaa sono stati conquistati, la folla scende in strada per festeggiare la liberazione, Gheddafi e i suoi familiari sono fuggiti dal paese. Chiunque si sarebbe arreso di fronte alla mole e all’unanimità schiacciante di questa mareggiata di notizie tutte uguali, finendo per accettare l’assurdo per realtà. Solo un lettore che avesse fatto un minimo di ricerca, avesse esperienza dei meccanismi della disinformazione e – soprattutto – fosse abituato a diffidare dell’opinione delle maggioranze, poteva rendersi conto di quanto profondamente falsi e ridicoli fossero questi rapporti.


Tripoli non è una città che possa essere conquistata in una notte, neppure da un esercito disciplinato ed armato fino ai denti. Figuriamoci da uno scalcagnato manipolo di vermi. Chi sta cercando di conquistarla in queste ore (come spiega l’inviato Franklin Lamb nel video di Russia Today che ho messo qui sotto), sono gli aerei della NATO, rischiando di compiere un massacro di civili che avrà proporzioni imprevedibili e che deve dunque essere attribuito ad una “battaglia campale contro il dittatore”, non certamente gli inesistenti “insorti” di cui vanno cianciando stamattina i nostri giornali. Le cosiddette “milizie ribelli”, cui vengono attribuite tante esaltanti conquiste, in realtà non esistono nemmeno. Non sono “milizie”, ma gruppuscoli di mercenari feroci, composti al massimo di qualche decina di unità, che non hanno mai “conquistato” un bel niente, neppure quando erano all’apice delle loro forze, prima cioè di essere decimati dalle lotte intestine e dalle batoste subite da parte dei lealisti. Tutto ciò che sanno fare è arrivare all’improvviso in qualche centro cittadino, seminare morte e terrore tra la gente per conto dei loro mandanti della Coalizione, salire su una camionetta per scattarsi qualche foto mentre sollevano le dita a “V” (invece di infilarsele in culo) per poi darsela a gambe come conigli, prima che l’esercito governativo arrivi a farli secchi, cosa che, grazie a Dio, avviene piuttosto di frequente. In molti casi questi picchetti di manigoldi non arrivano neppure dall’esterno: sono già presenti all’interno delle città e si attivano per ordine degli agenti dell’intelligence occidentale che si trovano sul campo. Quando ricevono il via, iniziano a sparare per le strade, per aria o contro qualche inerme passante, si appostano sui tetti come cecchini, abbattendo civili e agenti di polizia, danno fuoco agli edifici, fanno un gran casino al solo scopo di seminare il terrore e lo scoramento tra la popolazione, non certo per “conquistare” qualcosa. E’ esattamente questo che è accaduto ieri sera a Tripoli, come confermato dai giornalisti indipendenti presenti sul posto. Non c’è stato nessun “attacco dei ribelli” contro la città, solo la consueta buriana scatenata da cellule dei servizi occidentali nascoste in alcuni quartieri cittadini e prontamente neutralizzate dalle forze di polizia di Tripoli, che ormai conoscono la solfa.

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=SmWOcyE6zBc

Quello che è agghiacciante è il toccare con mano, fase per fase, il processo con cui la disinformazione nasce, cresce a dismisura e si diffonde su scala globale in ogni angolo del pianeta, come una pestilenza virulenta e implacabile. Una fonte reputata “autorevole” (diciamo, ad esempio, Al Jazeera o la CNN) dice o scrive una puttanata sesquipedale, che viene ripresa da decine e decine di altre testate in tutto il mondo. Quasi sempre la puttanata è accuratamente predisposta in anticipo da chi controlla la fonte “autorevole”, ma ciò è essenziale solo sul piano teleologico, non su quello dell’effetto estetico finale. Visto che la fonte è universalmente ritenuta “autorevole” (non si sa bene il perché) nessuno si preoccupa di verificare o controllare la notizia, né di ragionarci sopra, neppure per una frazione di secondo. Ragionare troppo rischia di far parlare poco e per la maggior parte della gente la chiacchiera è vitale. Dunque la puttanata inizia a straripare per gli organi di stampa come un torrente in piena. A qualche punto della catena, alcune testate, per insaporire la broda, s’inventano qualche puttanata di contorno con cui abbellire la puttanata di base. Questa nuova puttanata viene a sua volta ripresa da migliaia di testate, comprese quelle che erano all’origine della catena, le quali a loro volta ci ricamano sopra nuove puttanate; e così, passando di redazione in redazione, di agenzia in agenzia, l’originario peto di una fonte “embedded” si trasforma in una valanga di merda di proporzioni planetarie, che sommerge ogni anfratto del creato con il proprio liquame. A rendere più consistente la catastrofe, si sono aggiunti, negli ultimi tempi, gli imbecillissimi social network, vera e propria fucina di stronzate, inesauribile come un ghiacciaio alpino. Stanotte su Facebook e Twitter si poteva leggere, riguardo alla situazione a Tripoli, qualunque minchiata un uomo possa desiderare.


“I ribelli hanno liberato 500 prigionieri nel quartiere di Tajoura!”
“Il popolo di Tripoli sta scendendo in piazza per liberare la propria capitale!”
“L’aeroporto internazionale di Tripoli è stato occupato dai ribelli!”
“No, no, era l’aeroporto militare!”
“Gheddafi sta fuggendo in Venezuela con i suoi familiari!”
“I ribelli controllano il Museo Islamico di Sidi Khalifah!”
“Vive la liberté!”


E così via, dite una cazzata qualunque e sui social network, stanotte, essa c’era. Il paradiso dei cazzari.


Travolto da quest’alluvione cosmica di idiozie, anche il lettore più smaliziato fatica a credere che le migliaia di fonti che trova su Google, e che dipingono tutte pressappoco lo stesso scenario, stiano in realtà giocando tutte a rimpiattino con la stessa fregnaccia. Solo un blogger, o comunque una persona esperta di meccanismi di propaganda, riesce a riconoscere, nella realtà apparentemente caleidoscopica che internet gli offre attraverso i motori di ricerca, i tratti del fatuo ologramma, composto in ogni suo punto della stessa bugia ripetuta all’infinito. A ciò si aggiungano i disinformatori prezzolati, come il branco di criminali di “Repubblica”, i quali non cessano di strepitare le stesse stronzate anche dopo che esse sono state platealmente smentite.


Stanotte ho cercato per ore, tra le decine di migliaia di “notizie” che si rincorrevano sul web, qualcosa che avesse l’aspetto di una fonte attendibile, cioè di una persona con un nome e un cognome, presente sul posto e non appartenente alla cricca dei disinformatori della stampa di regime venduta agli Stati Uniti. Ne ho trovate, dopo lunga ricerca, solo tre o quattro. Tra esse, il solito Moussa Ibrahim, portavoce del governo libico, che ha spiegato fin da subito come realmente stavano le cose: nessun attacco dei ribelli, solo un gruppuscolo di mercenari prezzolati, già presenti in città, di nazionalità egiziana, algerina e tunisina, che hanno cercato di scatenare il panico tra la gente, ma sono stati prontamente arrestati e/o stecchiti dalla polizia di Tripoli. Verso le tre di notte, poi, è arrivata la conferma di Russia Today, che ha mandato in onda in piena notte – Dio li benedica – il rapporto del corrispondente da Tripoli, Mahdi Nazemroaya (vedi filmato in apertura dell’articolo di ieri), il quale, oltre a spiegare quale fosse la situazione effettiva, ha anche denunciato il complotto ordito dagli organi di stampa americani per terrorizzare e demoralizzare la gente di Tripoli. E’ stata una faticaccia immane, soprattutto psicologica, che costringe ogni persona che voglia informarsi a lottare contro i propri sensi, contro un’apparenza soverchiante che rischia di sopraffare la logica e la ragione in ogni momento. Come dicevo, gli strumenti per procurarsi informazioni attendibili esistono, ma nell’utilizzarli si è presi da un tale senso di solitudine e impotenza, di fronte allo sciame meteorico di falsità da cui siamo bombardati, che non tutti sono disposti ad affrontare lo sforzo e finiscono, in ultima analisi, per accettare passivamente l’informazione precotta fornita dai media ufficiali. E’ per questo che la guerra psicologica contro le popolazioni ha sempre funzionato, e sempre funzionerà, egregiamente.


Ed è per questo che rido di gusto quando sento qualche mentecatto accusare noi “complottisti” di avere “la verità in tasca”. Non ce l’abbiamo in tasca. Ce la sudiamo ogni giorno, la verità, estraendola a picconate dalle miniere di idiozie che la stampa nazionale e internazionale cerca di propinarci; la dissotterriamo faticosamente dalle tonnellate di pattume con cui il regime dei colonizzatori quotidianamente tenta di coprire i propri crimini, confrontando e analizzando con i nostri pochi strumenti le scarne notizie che sembrano avere un qualche valore. Certo, qualche volta (ma poi neanche tanto spesso) facciamo qualche errore. Ma è proprio questa la differenza tra noi e un mentecatto qualunque: il mentecatto non sbaglia mai. Succhia dal biberon, tutte intere, le razioni di merda che il regime gli mette a disposizione, sorridendo beato e concorde, come se stesse ingurgitando informazione pura. Poi le vomita su qualche blog anonimo e le rimangia daccapo con gusto, senza lavorare, senza mai sforzarsi, senza porsi domande, come l’uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico. Gli auguro buon appetito, ma vorrà scusarmi se non me la sento di favorire.


articolo del 20 agosto TERRORISTI DI CARTA : http://blogghete.altervista.org/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=855:gianluca-freda&catid=32:politica-internazionale&Itemid=47#comments

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